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“Il rischio è quello che senza fame memoria ci si possa dimenticare, perché i ricordi che giacciono in noi - scrisse Primo Levi - non sono mai incisi nella pietra; non solo tendono a cancellarsi, ma spesso si modificano. I protagonisti di questa storia sfuggono a precisi riferimenti geografici e temporali perché troppo grande, troppo profonda è la scia che essi hanno lasciato per poter essere contenuta e circoscritta in uno spazio e in un tempo. Eppure, don Giovanni, don Angelo e con loro don Casini, mons. Facibeni, mons. Della Costa... e tutti coloro che in questa storia hanno svolto un ruolo, per così dire di supporto, sono uomini comuni, figure d'altri tempi, ignoti a tanti, sconosciuti ai grandi circuiti della storia. I loro nomi sono però scritti nel cuore di coloro che li hanno conosciuti, non solo in quelli che, grazie alla loro dedizione senza fine, possono ancora vedere il sole. Nell'io narrante della storia ci siamo tutti noi o, almeno, tutti coloro che credono nell'uomo, nell'amore con cui ci si può donare e spendere la vita, della quale non siamo proprietari, ma semplici beneficiari- Nel ricordo commosso di quei giorni, di quei nomi, delle vittime, ma anche dei carnefici, valga almeno la speranza che mai più possa, accadere che Caino ammazzi il fratello e che gli uomini impari.no a convivere, senza pregiudizi che separino, che gerarchizzino, perché tutti, tutti siamo figli di un unico Padre.” (Dall’Introduzione)