|
Presentazione e organizzazione del Critico d'Arte e Curatrice Maria Palladino
Inaugurazione Sabato 22 Novembre ore 17:30
La pittura di Giancarlo Cuccù si origina dal ricordo, e del ricordo si nutre, prendendo forma in prima istanza dall'osservazione, facoltà principale per un artista, che la sviluppa e coltiva al di sopra delle altre, poiché come nei sogni, e nelle libere associazioni, essa è funzionale a ricomporre i pezzi, restituire unità a percezioni ed emozioni, le quali divengono specchio stesso di lui e del suo vissuto, e quindi opera d'arte da mettere al mondo e regalare alla visione. Si tratta di una pittura umorale, in cui il piacere cromatico si traduce in abbondanza, soprattutto sinestesie di verdi teneri o intensi, che ci permettono di sentire, oltre che ammirare, il paesaggio fermano, la sua atmosfericità, e la qualità della sua luce. Ciò diviene una tessitura più o meno regolare dei toni prediletti: i suddetti verdi, il grigio azzurrino dei calanchi e delle montagne, i tratturi e camminamenti rosa-viola, improvvise apparizioni di rosso intenso, che ben sposandosi con il giallo acceso, pervade nella maggior parte dei casi questi scenari di una placida e tersa luce diurna. Come avviene in esempi quali: “Paesaggio con casa diroccata”, “Paesaggio e calanchi”, “Paesaggio sul mare”. I luoghi intorno a Fermo, i Monti Sibillini e l'Appennino, ritraggono l'amore che l'artista vi trasfonde, le memorie di giorni lieti, che dall'infanzia giungono al presente, similmente ad un diario intimo per immagini, una serie di istantanee di sé, riprese con minime variazioni, a testimoniare che l'andare del tempo non può mutare ciò che è caro al cuore. Nelle opere di figura, la presenza latente e ispiratrice dell'amato Soutine si fa maggiormente sentire: osserviamo distorsioni espressioniste, in dipinti che conservano comunque una forte componente simbolica, un afflato romantico e naturalista, intensamente drammatico, che non perde ad ogni modo il sentimento di compassione che lo anima, e lo sguardo clinico e obbiettivo che mette a nudo la verità, nella curiosità di studiarla e raccontarla, ma altresì permetterci di comprenderla. Nell'oscurità del nero che non è mai nero, poiché formato da colori diversi, domina alfine infatti ancora la luce: non trascendente, nel senso propriamente inteso, ma una scintilla di speranza, un barlume di bellezza pur nella sofferenza, che sottende e rianima il tutto, quella fiammella che accende la vita e allo stesso tempo, allorché sovviene, la spegne, ma mai del tutto, sempre conservando la possibilità di risorgere. Presenze inquietanti e insieme tenere, a questo proposito, sono i ritratti di “Minnie”, “La folle”, “La boccaccia”, ma anche la timida e al contempo signorile dignità di “Giovanni in canottiera”, “Fausto”, ad accomunare in un'unica similitudine tutti gli esseri umani. Le nature morte invece, che rammentano delle ardite prospettive Matissiane e della geometrizzazione Pre-cubista di Cèzanne, rappresentano un esercizio sulla forma e il colore e di nuovo uno studio sul luminismo, essenzialmente nei riflessi, che richiamano alla mente il suddetto chiarore, testimoniando di come tutti gli enti fondamentalmente non periscano ma trasmutino, come si può vedere nella caleidoscopica abbondanza dei “banchi al mercato” e nelle rappresentazioni dei pesci, i quali nella loro pelle traslucida sembrano racchiudere la fine e il principio di tutto. 12.11.2025 Maria Palladino
Galleria Barchessa Villa Quaglia, Viale XXIV Maggio 11, 31100 Treviso (TV). La mostra resterà visitabile fino al 9 Dicembre. Orari di apertura: Martedì – Sabato, 15:30 - 19:30. Chiuso i festivi e Lunedì. Ingresso libero. Per informazioni: Maria Palladino 3341695479 audramaria76@gmail.com Galleria Barchessa Villa Quaglia: 0422 430584 barchessavillaquaglia@gmail.com
|