VILLA FRANCHETTI ALBRIZZI
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Manteniamo pubblici i Beni storici e artistici che già pubblici sono

Alcune considerazioni in merito agli effetti economici che derivano
dall’utilizzo strategico delle risorse culturali

 

L’Italia, come sappiamo, dispone di un patrimonio culturale immenso, sia dal punto di vista del valore dei beni storico-culturali presenti sul territorio nazionale, sia per quanto riguarda meramente il loro numero. L’UNESCO stima che l’Italia disponga del 50% di tutti i beni culturali esistenti al mondo La necessità, da parte delle Amministrazioni Locali, di trovare nuove risorse finanziarie per il governo delle città, necessita di una nuova fase di evoluzione delle politiche urbane che prevedano l’utilizzo strategico delle risorse culturali per lo sviluppo del territorio e al contempo identifichino tale approccio come ‘culturalmente sensibile’. L’idea di fondo delle nuove politiche culturali urbane risiede nella concezione di utilizzo delle risorse culturali, oltre che nella crescita culturale della comunità, nella formazione culturale delle nuove generazioni, nella conservazione dei beni culturali; anche nel migliorare l’immagine della città, il processo di produzione di cultura. Tutto ciò attraverso: i servizi di accoglienza (alberghi, ristoranti, ecc.), l’insieme delle imprese le cui attività sono direttamente collegate alla valorizzazione dei beni e delle offerte culturali (turistiche, editoriali, multimediali, restauro, ecc.), lo sviluppo dei servizi di trasporto, dei servizi per il tempo libero, delle infrastrutture territoriali, ecc.; L’unicità di ogni luogo, se si fa riferimento al fenomeno tipicamente europeo dell’economia delle esperienze, è inoltre un tema di grande rilevanza dal punto di vista economico. Le città europee, infatti, si stanno configurando sempre più come luoghi dove vengono offerte esperienze uniche: un esempio lampante è la socialità della città catalana di Barcellona, dove spesso l’esperienza, che solo in questo luogo diviene possibile, supera, per importanza, la qualità del prodotto offerto, inteso come pacchetto di beni e servizi di tipo turistico.Per rispondere all’esigenza – sentita e riconosciuta in modo condiviso – della conservazione, della apprezzamento e dell’uso delle risorse, gli anni Ottanta hanno visto diffondersi una discreta attività di progettazione per la conservazione e la valorizzazione delle risorse culturali. Tale attività ha risposto ad una serie di obiettivi, quali: mantenere intatto il patrimonio culturale oggetto di tutela; estendere il fenomeno del così detto free-riding (si tratta dei benefici economici derivanti dalle attività poste in prossimità dell’esistenza del bene culturale); fare educazione, attraverso il legame tra il settore culturale e le scuole-università, in grado di generare benefici (questi non economicamente quantificabili); contribuire all’affermazione dell’identità culturale, legata ai beni culturali, in grado di rappresentare gli individui appartenenti ad una comunità locale.Il tema che lega tutti questi aspetti è la connessione di un monumento e l’altro, di un bene culturale e l’altro, di un’offerta culturale all’altra; le gestione dei beni culturali, in particolare il loro utilizzo, associato ad una politica di conservazione. L’accessibilità e la libera fruizione del bene da parte della collettività risulta una condizione indispensabile per la conservazione, l’educazione, la costruzione e lo sviluppo dell’identità culturale locale.Uno degli aspetti di sistema connessi agli effetti economici della conservazione del patrimonio storico e artistico, dell’utilizzo delle risorse culturali, della connessione, monumenti e offerte culturali, è rappresentato dalle strategie e dai modelli di sviluppo della pianificazione turistica legata alla fruizione dei servizi culturali. La comunità locale – del luogo di offerta dell’esperienza turistica – è vista come uno stakeholder, poiché produce la cultura che diventa attrattiva locale. In tal senso, ad esempio, i veneziani divengono la maggiore attrazione di Venezia, in quanto il turista è molto attento alle attività svolte dagli abitanti, parte integrante della città storica.Ma cosa si vende in una città turistica? Il prodotto turismo-culturale è assai complesso, composto dal viaggio, dalla ristorazione, dal pernottamento in hotel e, infine, dalla risorsa culturale. Tutte queste componenti sono intimamente connesse: è il principio sfruttato dai tour operator per costruire un pacchetto completo da offrire al turista e rappresenta, forse, la chiave del loro successo. Tale prodotto complessivo si compone di: elementi primari, quali i beni culturali che i turisti utilizzano; elementi ‘ancillari’, ossia l’insieme di attività che vivono della prossimità al bene; elementi complementari o footloose, come l’albergo, il quale risulta meno vincolato rispetto agli elementi ancillari alla prossimità al bene pubblico. La prossimità al bene culturale sembra la chiave per comprendere le dinamiche economico-sociali generate od influenzate dal turismo. L’alienazione di beni artistici a privati, senza vincoli di fruibilità per il pubblico, di Villa Albrizzi-Franchetti Preganziol), del Barco della Regina Cornaro (nelle campagna di Altivole), di Villa Freya (Asolo), del Palazzo del Podestà (Piazza dei Signori, Treviso) contraddice non solo tutte le scelte nazionali ed europee di valorizzazione dei beni artistici e loro finalizzazione allo sviluppo locale, ma priva la comunità trevigiana, per il presente e per le generazioni future, del godimento dei beni stessi.
La Provincia Treviso rivendica il diritto-suicidio di alienare i beni artistici e culturali e destinare il ricavato alla realizzazione di vie di comunicazione, con ciò nega il diritto ai cittadini di fruire le bellezze artistiche e paesaggistiche di tali beni.La stessa Provincia sembra voler ignorare i benefici economici che derivano dalla valorizzazione del Patrimonio storico artistico.

L’avvento dell’economia della
conoscenza implica che ogni forma di conoscenza debba materializzarsi in merce. Ma quando scienza, cultura e arte sono dominate dalla ricerca del profitto, qualcosa va perduto. E’ necessario quindi riaffermare la natura “bene pubblico” di esse. Perfino Adam Smith sapeva che il modo migliore per garantire l’uso ottimale dei beni pubblici, da parte della comunità alla quale appartengono, non è certamente quello di affidarlo alle leggi del mercatoIl processo di globalizzazione, conseguente all’internazionalizzazione della circolazione delle merci, è causa della standardizzazione dei luoghi, dei processi di deterritorializzazione delle produzioni industriali; dell’impoverimento dei siti, oggetto di delocalizzazione; più in generale, dell’impoverimento delle risorse finanziarie dello Stato e degli Enti Locali. Tali processi minano, inoltre, l’identità territoriale dall’interno, eliminando ogni peculiarità e valore aggiunto territoriale, basato sulla storia e sulla tradizione.La valorizzazione delle risorse locali, comprese quelle culturali, si ottiene attivando e soprattutto sostenendo uno sviluppo locale integrato a quello economico e sociale